Sono inciampata nel Wind Summer Festival, condotto da Ilary Blasi con quell’aria irritante di chi ti sta facendo un favore a stare lì. Sul palco si alternano una serie di personaggi molto discutibili che mi sembrano tutti uguali, con nomi che non ricorderò mai, e mi chiedo cosa abbiano fatto per la musica.
Ogni volta che uno di questi smette di cantare (cantare poi!) il proprio tormentone estivo, che io chiamo “tormento”, mi sorprendo a pensare, a volte anche ad alta voce, “’A domanda non è chi è, ‘a domanda è pecchè?”
E allora lo contatto Carmine Faraco, l’uomo dei “Pecchè”, l’artista che ha creato uno dei tormentoni (veri!) più popolari della storia del cabaret italiano.
L’attore, musicista e comico napoletano, ma romano d’adozione, attualmente è in tour in tutta Italia con il suo “Cabarock”.

Carmine, sui social, ti si vede al mattino in relax e la sera sul palco: com’è questa estate in tour?
Il tour d’estate è la cosa più bella che ci possa essere. Spesso prendo la moto e parto presto e magari sto 3 o 4 giorni fuori, oppure vado in macchina con mio figlio e stiamo tutto il giorno insieme. Lui poi mi dà una mano a montare gli strumenti e tutto quanto, oppure parto da solo con la moto e mi faccio una specie di vacanza e se sto in un posto di vacanza durante il giorno vado al mare.

Il pubblico ti adora, gli spettacoli sono sempre sold out e le date in continuo aggiornamento. Cosa succede nel Cabarock?
Il cabarock è un tentativo di concerto costante dall’inizio alla fine ma il concerto non si concretizza mai perché ad ogni pezzo ad ogni inizio di canzone succede qualcosa. Tra gag dei musicisti con i fonici o magari con qualcuno della platea che prendo di mira, la canzone inizia ma non finisce o addirittura cambia. Come, per esempio, quando ad un certo punto cerchiamo di fare una cosa seria tipo una canzone dei Deep Purple “Child in time”, per un motivo quasi di assonanza, sembra paradossale ma la canzone diventa “’Nu jeans e ‘na maglietta” di Nino D’Angelo.

Nella tua biografia racconti che hai iniziato facendo pianobar e che ti chiamavano il “re dei night”… poi a un certo punto ti sei inceppato. Qual è stata la prima canzone che ti ha inceppato?
Sì, dai “il re dei night” l’ho inventato io però diciamo che è come se fosse perché comunque di serate di pianobar ne facevo tante. E’ successo che a un certo punto, mentre cantavo, cominciavo a pensare a quello che dicevano le canzoni e mi distraevo. Mi fermavo perché non ricordavo più la canzone. All’inizio la gente chiedeva cosa stesse succedendo fino a quando una volta ho detto ‘sinceramente, mi sono fermato perché… sentite cosa dice ‘sta canzone…’  La prima è stata “Alice” di De Gregori, Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole mentre il mondo sta girando senza fretta… Irene al quarto piano è lì tranquilla che si guarda nello specchio e accende un’altra sigaretta… E Lillì Marlen, bella più che mai sorride e non ti dice la sua età ma tutto questo Alice non lo sa…”  vuoi vedè che mò ‘o scemo so’ io?!, ho pensato.

Poi l’intuizione del tormentone. Quando l’hai avuta?
Diciamo che l’uomo dei pecchè è nato a Colorado nel 2007, però l’intuizione vera e propria di questo personaggio c’era stata già agli inizi del 2000. Durante uno spettacolo di kermesse, un mio collega mi disse che questa battuta sarebbe potuta diventare un tormentone. Non ce l’avevo come tormentone ma era semplicemente un pezzo al centro dello spettacolo, invece poi pian piano l’ho messa lì e in effetti ha funzionato. L’ho sempre ringraziato, lui è Fabrizio di Pablo e Pedro.

Ti aspettavi che sarebbe diventato un successo così grande e soprattutto che sarebbe durato nel tempo?
No, non me l’aspettavo, anche perché io ho fatto cose molto più importanti nella mia carriera. L’esordio con Massimo Troisi in “Ricomincio da tre”, “Il tassinaro” con Alberto Sordi, “Mi manda Picone” con Giancarlo Giannini, sono solo alcuni. Ho lavorato con Nanni Loy, con Steno e tanti altri artisti di fama internazionale. Non me l’aspettavo perché poi il colpo di fortuna è stato quello di indovinare la parola magica “pecchè”. La gente mi riconosce continuamente con questa cosa anche se nei live “pecchè” lo dico una al massimo due volte in tutto lo spettacolo, perché sai, il tormentone deve funzionare in televisione per farti riconoscere e ricordare ma dal vivo ci deve essere poi il contenuto, anche di livello intelligente.

Hai cominciato con l’uomo dei “pecchè” più di 10 anni fa, quando la musica italiana si stava inceppando un po’ tutta. Come siamo messi oggi?
Diciamo che dodici anni fa la musica aveva già quasi concluso l’inceppamento perché era cominciato prima ‘o fatto e devo dire che siamo pure peggiorati molto con l’avvento dei rapper, dei “trapper”, dei “cazzer”…tutta sta gente che, secondo me, musicalmente non vale niente. Sono solo filastrocche con contenuti pseudointellettuali con rime e robe del genere. Ma poi tutta gente con la “zeppola”, oh! Non so quale sia il motivo ma tutti i rapper italiani hanno la zeppola, sarà forse una prerogativa che per fare una canzone rap ce vo’ ‘a zeppola!

Intanto mentre chiacchieriamo, in tv è spuntato Ghali, al Wind Summer Festival, osannato, lo chiamano il poeta… sai chi è? E soprattutto, pecchè?
Sìsì, purtroppo sì! Purtroppo lo so… c’ho solo una parola, nun è né chi è e né pecchè… è Ghali, vafangali! Quando vedo questi fenomeni che escono così, vorrei aspettare 5 o 6 anni per vedere dove stanno. E se ci saranno ancora allora il mio tempo sarà passato ed è meglio che mi “arricetto” proprio! Esilio, esilio da questa terra perché veramente non concepisco. Sarò fuori epoca, fuori moda ma secondo me la musica è fatta da sette note e cinque semitoni. Mò, loro, non so di quante note fanno uso e se fanno uso solo delle note!

Dall’estate scorsa, però, il più acclamato è Tommaso Paradiso, il leader dei TheGiornalisti che ha monopolizzato la musica italiana. Le canzoni se le scrive, se le canta, le scrive a chiunque, le duetta… che pensi di lui?
Io a questo gli farei comprare ‘nu bellu chiosco e lo metterei lì a vendere ‘e giornali. Al massimo vicino a un semaforo andrebbe pure meglio, ecco ‘o giornalista glielo farei fare là!

Chi c’è tra i peggiori per te?
I peggiori non li nomino mai, sinceramente non mi piace screditare nessuno perché poi potrebbe essere che sono io quello che non capisce niente e quindi sono solo punti di vista. Non lo so, i peggiori non li conosco, conosco però chi, secondo me, sono i migliori. Il mio mito è e resterà per sempre Ivan Graziani. Ho voluto conoscere sua moglie e suo figlio e probabilmente proprio lui suonerà al mio prossimo compleanno.

Chi salvi, invece?
Chi salvo? Ne salvo tantissimi perché comunque io gioco con le parole e con le canzoni. In fondo tutti quei cantanti che tra virgolette derido sono cantanti che ascolto, è difficile che non ascolti una canzone per poi prenderla in giro. Per fare delle battute intelligenti devi stare dentro la canzone e dentro ci stai solo se l’ascolti veramente, non puoi sentirla una volta semplicemente. Se no non capisci niente di armonia, lo devi sentire per giorni e giorni e poi escono fuori delle cose.

Il tour è ancora lungo ma hai già progetti per il dopo?
Tra una tappa e l’altra sto registrando delle puntate per un programma che andrà in onda a Comedy Central ma per ora non posso dire altro.

Ribattezzata da un vecchio amico Vanna Mò si definisce un'adorabile rompicoglioni anche se crede di essere più adorabile che rompicoglioni. Amante del calcio e laziale patologica, il suo grande amore è stato il pappagallino Olimpia, bianco celeste che ripeteva tutto tranne "forza Lazio". Chiacchierona e lunatica, ha le pubbliche relazioni nel dna. Socievole e social, è un segugio del web. Nonostante il curriculum sentimentale horror sogna il grande amore delle commedie rosa che colleziona e attende l’arrivo del suo Mr. Big come in “Sex and the City”. Convinta di essere una ragazzina (guai a chiamarla “signora”!), “frettella” per non dire ansiosa, maniaca della puntualità e della programmazione, il suo motto è “nella vita ho scelto il buon umore!”.

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