Quando ho cominciato a seguire “Sbandati”, il martedì in seconda serata su Rai 2, ho avuto un “colpo di fulmine”, Velia Lalli! Ma chi è? La cerco: la prima Stand Up Comedian italiana. Ah, e cos’è? Prendo appunti su di lei e la contatto su facebook: «Ti vorrei intervistare – le scrivo – ma prima devo studiarti». Da quel momento, ho divorato tutto quello che c’è sul web riguardo a Velia e oggi non sono solo quella che voleva intervistarla ma sono una sua grande fan. Ci siamo incontrate al bar dell’hotel dove alloggia quando è qui a Napoli e, andando via, mi sono portata dietro la gioia di aver conosciuto una persona che oltre a farmi ridere, mi ha fatto anche tanto emozionare.

Velia, mentre ti “studiavo”, ho trovato una tua foto sotto la quale hai scritto: «Che palle, quando sono felice sono insopportabile». Cosa non sopporti, forse, il tuo lato sdolcinato?
Sì! Sono il baluardo di tutte le donne single disperate e di tutti gli uomini trentenni senza senza lavoro. Nei miei monologhi parlo della condizione della solitudine, delle follie che si fanno e di come si soffre cercando di inseguire qualcosa che non si ha. Quindi quando sono felice temo di non riuscire a tirare fuori questo lato cupo e scherzo sul fatto che di sicuro c’è qualcosa che non va.

Velia LalliHo letto che facevi molti lavori per pagarti l’affitto. Adesso che sei arrivata alla popolarità con “Sbandati” hai smesso di fare gli altri lavori?
Mmh…tu dici? Io non ne sono convinta. La tv è un sistema molto chiuso e complicato e tende a proporre sempre gli stessi contenuti. “Sbandati” è un esperimento che adesso sta andando bene ma in questo lavoro non bisogna mai pensare di essere arrivati, soprattutto io che faccio un tipo di comicità particolare e che mi sono vista sbattere tante porte in faccia.

Tu sei la prima e credo l’unica Stand Up Comedian donna in Italia.
Ecco appunto. E quello che mi hanno detto non è stato «Cavolo, questa è l’unica donna che fa Stand Up Comedy, è pure autrice e ha quattro spettacoli in repertorio», no! Piuttosto mi hanno detto «Eh però sai, tu sei una donna e una donna che dice certe cose…». Quindi io ancora ce li ho un paio di alunni che seguo, a parte il fatto che mi piace fare ripetizioni, ma dal mio punto di vista non sarà facile questo percorso.

Sono a digiuno su questo genere, da dove arriva la Stand Up Comedy?
È un genere di comicità che nasce nei paesi anglosassoni almeno 50 anni fa. Un esponente su tutti è Lenny Bruce, comico monologhista americano su cui è stato fatto anche un film bellissimo interpretato da Dustin Hoffman. Pensa che Bruce è stato messo sotto processo tante volte e anche in carcere per quello che diceva.

E come siamo messi con la Stand Up Comedy in Italia?
Male! In Italia la chiamiamo satira, ma anche su quella c’è tanta confusione. Si pensa che Crozza, per esempio, faccia satira ma lui fa parodie politiche. La vera satira, invece, mette in discussione un sistema di valori e soprattutto se stessi. Io, da comedian lo faccio: metto in crisi prima me stessa chiedendomi in che modo faccio parte di questo sistema, mi faccio la mia idea e poi ne parlo.

Quindi qual è la differenza tra la comicità classica e quella della Stand Up?
La differenza tra il cabaret italiano e la Stand Up Comedy sta nel punto di vista del comico che è un punto di vista scorretto perché di buonismo ne è pieno il mondo. La satira non è indignare la gente e metterla tutta d’accordo con parodie scontate ma è proprio smontare questo sistema di ipocrisie. È quello che faccio io, rappresento il lato marcio delle cose mettendoci sempre il mio punto di vista. Ad esempio è inutile dire in giro che i bambini sono belli, piuttosto metto in scena il conflitto sul fatto di avere figli o meno.

Come ci sei arrivata a questo tipo di comicità?
È stato un caso bellissimo. Una ragazza mi invita alla festa di un amico in partenza per l’Africa che avrebbe fatto un’asta per vendere le sue cose. Qui mi sono messa a fare il banditore e come mio solito dicevo cose, facevo ridere e questa ragazza mi ha messa in contatto con un gruppo di comici capitanati da Filippo Giardina che si esibiva a Roma, i “Satiriasi”. Quando sono andata al loro spettacolo e ho visto che il messaggio era il conflitto e il proprio punto di vista, ho capito che quello era il mio mondo. Dovrei fare una statua a questa ragazza.

Velia con il gruppo Satiriasi
Velia con il gruppo Satiriasi

Secondo te questa può essere la nuova tendenza della comicità? Oppure quest’Italia ipocrita non è pronta?
Palesemente l’Italia non è pronta, tant’è vero che in sette anni di lavoro ciascuno di noi è rimasto un comico di nicchia. È una comicità che divide, chi ti segue ti adora e chi non ti conosce è diffidente. Noi del gruppo “Satiriasi” abbiamo ramificato il più possibile il genere andando a fare serate in tutta Italia, e per questo devo rendere omaggio a Filippo. Ma non credo che la Stand Up abbia attecchito, altrimenti vedresti comedians in tv, invece…

E come siete arrivati a “Sbandati” tu e Filippo Giardina?
Gli addetti ai lavori lo sanno da sempre che c’è questo gruppo di monologhisti satirici di cui faccio parte ma bisogna rendere merito alla direttrice di Rai 2 Ilaria Dallatana che ha voluto sperimentare questo format francese con la convinzione di metterci dentro facce valide ma sconosciute al grande pubblico.

Gigi e Ross, infatti, ci hanno detto che nei casting si cercavano personaggi e non persone che facessero i personaggi, aggiungendo che tu e Filippo, i comedians, siete i più provocatori.
Sì, perché io e Filippo siamo così. Lui è duro e polemico e io sto sempre a guardare il capello, a puntualizzare e a cercare la perfezione in tutto. È deformazione professionale, io sono il mio lavoro.

Velia Lalli a "Sbandati"

Sbandati è un format che ti calza a pennello, finalmente un programma dove si può dire anche che «Bocelli canta male».
Ti devo dire un piccolo retroscena: tra i fan della Stand Up c’è stato qualcuno che mi ha scritto in privato dicendomi che mi sono venduta ad andare in una trasmissione popolare. Non hanno capito niente, perché è esattamente il contrario. Sono sempre me stessa, l’unica cosa che ho dovuto modulare è stato il linguaggio e questo è un esercizio meraviglioso perché intanto devi rafforzare i contenuti. E potermi permettere sulla Rai di dire che Bocelli canta malissimo ma nessuno lo dice perché è cieco e che la Cuccarini si sente Madonna è una cosa fantastica per un comedian.

Sei considerata la “bad girl” della comicità ma studiandoti, e ora ascoltandoti, mi chiedo: Ma Velia Lalli “bad girl” ci è o ci fa?
Ecco, questa non è una domanda, questa è la domanda! Sono considerata “bad girl” proprio perché questo è un paese di ipocriti. Rifiuto questo appellativo che da una parte mi fa tanto gioco e tanto personaggio, ma dall’altra è sbagliato perché non sono cattiva, dò semplicemente voce a quei sentimenti che non trovano spazio in questo sistema e chiamo le cose con il loro nome. Noi siamo abituati a 30 anni di comicità del tipo «Il walter e la jolanda» e «Lucianina ma che dici?!»

La Littizzetto…
Chi doveva rompere le barriere in realtà le ha rinforzate! Noi consideriamo trasgressiva Luciana Littizzetto che è solo una bambina che sta a scuola dalle suore che le dicono “cattiva cattiva”. Quindi io non è che ci faccio, sono semplicemente una donna coraggiosa e determinata e solo per questo non posso diventare “bad girl”.

Chi sono i tuoi “bersagli”?
Nei miei spettacoli parlo di donne, di sesso, di anziani, dei radical chic, dei gay e dei fumatori che difendo. Nel mio nuovo spettacolo “Lasciate che i pargoli vengano a me” parlo dell’invalidità perché mio padre è invalido e ho scritto questo pezzo molto divertente che è praticamente un omaggio a lui. Pensa che mi ha scritto un ragazzo in privato dicendomi “il tuo pezzo è fichissimo, io sono invalido, ho riso veramente tanto e ti ringrazio per averlo scritto”. E questo è bello! L’atteggiamento in questo Paese è sempre di deferenza: gli invalidi o li consideriamo sfigati o eroi, non c’è una via di mezzo. Per esempio per me mio padre è mio padre, ha una differenza rispetto ad altre persone che mi ha dato un’opportunità pazzesca, quella di essere abituata alla diversità ma senza notarla.

Girovagando tra le tue interviste mi hanno fatta sorridere i “siparietti” tra te e i tuoi genitori. Si percepisce il forte legame che c’è tra voi.
Ah che bello – si ferma un attimo Velia – mi hai emozionata. È vero, c’è un legame fortissimo tra me e i miei genitori. Sono buffi perché papà è una persona con un senso dell’umorismo eccezionale e mamma invece è molto rigida però a loro modo sono estremamente teneri. Sono stati sempre presenti anche se in parte hanno osteggiato tutte le mie velleità artistiche. Però sin da piccola il modo di comunicare che avevo con mio padre era farlo ridere, la sera a casa facevo imitazioni dei parenti, dei professori, di mamma, tante gag e poi io sono pasticciona… ma come facevo a non fare la comica?

Velia Lalli

Sei figlia unica?
No, ho una sorella più grande e anche lei compare spesso nei miei monologhi insieme a mia nipote. Anche quando parlo della mia famiglia tiro fuori le cose brutte, me lo posso permettere perché so che ce ne sono tante belle. Pensa a quanto materiale: ho visto mia sorella diventare madre mentre io sono stata single per una vita e avevo ‘sta nipotina che mi chiedeva in continuazione perché non fossi sposata e le facessi dei cuginetti. Nei miei monologhi mia nipote la distruggo perché comunque nella sua innocenza è stata veicolo di sofferenza a volte. I bambini nella loro sincerità possono ferire molto ma sono anche la metafora giusta per la Stand Up Comedy, la verità! Quella che ti arriva come uno schiaffo in faccia e se uno riesce a far ridere dicendo la verità secondo me ha una cosa nobile.

La tua biografia dice che sei il paradosso fatto persona, sei tutto e il contrario di tutto.
Sono una persona molto irrequieta. L’irrequietezza può essere un grande danno o una grande risorsa. Io ho avuto la fortuna di avere un “lato soldatino” e quindi questo senso dell’impegno e del dovere che è in me ha fatto di questa irrequietezza l’occasione per fare mille cose. Il mio cervello non si spegne mai e così nella vita ho cantato, ballato, ho studiato jazz, lirica, mi sono laureata in ingegneria, ho viaggiato e faccio la comica. Dai sono stata fortunata.

Sei in tour con il live “Lasciate che i pargoli vengano a me”, qual è la prossima tappa?
Vi aspetto venerdì 10 febbraio al “Sibir” per il Torino Stand Up Festival.

Ribattezzata da un vecchio amico Vanna Mò si definisce un'adorabile rompicoglioni anche se crede di essere più adorabile che rompicoglioni. Amante del calcio e laziale patologica, il suo grande amore è stato il pappagallino Olimpia, bianco celeste che ripeteva tutto tranne "forza Lazio". Chiacchierona e lunatica, ha le pubbliche relazioni nel dna. Socievole e social, è un segugio del web. Nonostante il curriculum sentimentale horror sogna il grande amore delle commedie rosa che colleziona e attende l’arrivo del suo Mr. Big come in “Sex and the City”. Convinta di essere una ragazzina (guai a chiamarla “signora”!), “frettella” per non dire ansiosa, maniaca della puntualità e della programmazione, il suo motto è “nella vita ho scelto il buon umore!”.

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