La bottom in vacanza, la bottom calcetto, la bottom in discoteca, questi uomini bellissimi sono oggetto di molti dei meme di una delle pagine facebook più fuori degli schemi dei social, parlo del Diario di una Bottom. Per molti utenti bottom è un termine nuovo, anticamera di un mondo quasi sconosciuto all’italiano medio, quello omosessuale. Quando sono venuta a conoscenza di questa pagina ero divertita, per il linguaggio esplicito e l’uso delle gif, ma allo stesso tempo ero perplessa perché non capivo alcune delle parole usate, mi sembrava di essere in presenza di un nuovo linguaggio, spia del cambiamento che sta avvenendo nel nostro paese. In questa intervista mi confronto con il fondatore della pagina, lo scrittore del diario (che ha preferito restare nell’anonimato) per conoscere una nuova comicità popolare sui social, fatta di stereotipi che abbattono gli stereotipi.

Cosa è per te il successo del Diario di una bottom?
E’ una domanda che mi fa sorridere. E’ ovvio che mi gratifichi, ma per me è divertimento, mi piace esprimere e dar sfogo alla mia parte ironica e più leggera. Per ora mi fa sorridere.

La tua pagina parla molto di sesso, un luogo comune sugli uomini omosessuali vuole che siano più promiscui, pensi sia vero?
La risposta è già nella domanda, è un luogo comune. Anche tra di noi ci sono moralisti e fighe di legno che non lo danno al primo appuntamento. E fidati ne sono molti. Come tra gli etero ci sono coloro che pur essendo sposati, su Whatsapp hanno chat segrete con altre donne, o anche con uomini.

Alcuni dei termini che utilizzi spesso nella pagina sono molto particolari
Alcuni termini sono sconosciuti a chi non è a stretto contatto con la comunità LGBTQ, ma ho aperto la pagina proprio per cercare di arrivare a un pubblico ampio e renderlo partecipe di qualcosa di nuovo o sconosciuto. Bottom è l’inglese di “passivo”. Il passivo è un ruolo sessuale, cioè colui che nel rapporto viene dominato dall’attivo. Nella mia pagina però bottom è usato in maniera ironica, più per definire un mood o una persona un po’ sfigata in amore. Top invece è l’equivalente inglese di “attivo”, cioè chi nel rapporto sessuale domina. Con versatile invece si intende colui che non ha preferenze e può essere sia passivo che l’attivo. Dietro questi ruoli si annidano ovviamente molti luoghi comuni. Per esempio, all’interno della comunità gay l’attivo deve  essere maschile, cioè rientrare nell’immaginario eterosessuale del maschio dominante. Il passivo è quello più effeminato, come nell’immaginario etero la donna è quella sottomessa e più dolce. Però succede che gli effeminati vengano discriminati. Iscriversi in palestra per alcuni serve proprio a essere considerati più maschili, anche se poi basta mettere una qualsiasi canzone di Britney Spears per sciogliere questa convinzione. Per questo uso il termine bottom, perchè so che a molti gay dà fastidio.

Infatti il contenuto della tua pagina è stato criticato da alcuni ragazzi omosessuali, come mai?
Si! Ho ricevuto alcuni attacchi da parte di ragazzi omosessuali, proprio inerenti al nome stesso della pagina. Il termine “Una Bottom” ha fatto pensare che io voglia rappresentare gli omosessuali come siamo abituati a vederli rappresentati nell’immaginario comune. Il punto è che io utilizzo i luoghi comuni, i classici cliché, per mettere in evidenza quanto siano stupidi. Faccio questo utilizzando l’ironia, un linguaggio che può essere colto subito oppure completamente frainteso. Un po’ come quando un comico imita un personaggio: si fa carico di quello che è il personaggio, per poi portarlo all’estremo in forma parodica. Ecco, io faccio la stessa cosa, prendo tutto quello che nella comunità gay è luogo comune e lo rappresento comicamente, ovviamente dietro c’è una riflessione, ma non tutti la colgono. Ma per fortuna c’è chi comprende.

C’è quindi una sorta di omofobia anche all’interno della comunità gay?
L’omofobia come qualsiasi altra forma di violenza o di odio, non deve manifestarsi per forza in modo estremo, molte volte è radicata nella mentalità e nel linguaggio; basti pensare a parole come “frocio”, “ricchione”, “checca”, “mezza femmina”, usate continuamente nel linguaggio comune. Molto spesso davanti a queste forme ci si giustifica dicendo che sono in buona fede. Io ci voglio anche credere, non lo metto in dubbio, ma penso che la buona fede poi debba fare i conti con la sensibilità di ognuno di noi.

Hai esperienze personali in tal senso?
Quando a tredici anni mi insultavano usando quei termini, io che ero nella fase in cui capivo di essere gay, di sicuro non li vedevo come termini in buona fede, anche se li sentivo da persone che mi volevano bene. Ci vedevo invece un modo per aprire quella che per me era una ferita non ancora curata. Oggi invece, mi danno solo fastidio, ci vedo solo insensatezza. Detto questo, anche nella comunità gay questo tipo di linguaggio è molto presente, forse ha i caratteri di chi non demonizza il pregiudizio, ma sicuramente in alcuni casi se ne fa portavoce, anche senza volerlo. D’altronde molto spesso gli omofobi sono gay repressi, il pregiudizio magari è pensare che nella comunità gay siano tutti gai e felici, ma siamo esattamente come tutti gli altri in questo senso. Io personalmente non sono stato vittima di insulti omofobi da parte di ragazzi omosessuali, o quantomeno non mi faccio trascinare più dall’insulto, è una cosa che ho superato, mi difendo ironizzando.

Parli spesso della difficoltà di conoscere persone all’interno della realtà provinciale in cui vivi. Secondo te che ruolo hanno in questo i siti e le chat di incontri?
La difficoltà di conoscere qualcuno è un problema che riguarda un po’ ogni persona omosessuale, dal momento in cui si vive ancora in una società che non ti permette di rimorchiare un ragazzo in un locale, che non sia necessariamente gay. Se a questo ci aggiungi che molti gay non si dichiarano e vogliono rimanere riservati (ed è assolutamente lecito farlo), diventa tutto più complicato. Dove vivo io, cioè una provincia del sud Italia, la realtà gay è molto più piccola rispetto a una metropoli, quindi usare le chat di incontri diventa anche un modo per cercare amici, per scoprire di non essere soli. Certamente sono chat finalizzate al sesso, ma personalmente ci ho trovato anche degli amici. Con chat intendo anche social come Facebook, Instagram, anche questi ormai rientrano nella definizione “chat di incontri”. Poi la mia è una sfiga personale, io nemmeno quando vado nei locali riesco a rimorchiare, ma questo è un altro discorso.

Personalmente penso che la tua pagina sia davvero divertente e oltre a ridere ho imparato molto, immaginavi che avrebbe stimolato un dibattito costruttivo anche tra gli utenti non appartenenti alla comunità LGBTQ?
In realtà era tra i miei obiettivi. Alcuni all’inizio mi dicevano che oltre ai gay non mi avrebbe capito nessuno, invece mi confermi che non è così. Una persona attenta nota che non c’è molta differenza tra le sfighe/vicissitudini di una persona omosessuale e di una eterosessuale, appartiene a tutti gli orientamenti.

Da qualche anno si è avviato un dibattito sui diritti civili che ha portato alla legalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso, alcuni l’hanno definita una vittoria monca, tu?
Sono d’accordo con chi la definisce monca. Sono più di 30 anni che in Italia i movimenti lavoravano ad una legge, se ci sono voluti tutti questi anni per arrivare al minimo che potessero darci, vuol dire che è una vittoria a metà. Infatti quel giorno io sono stato felice a metà, pensavo ai bambini delle famiglie arcobaleno e capivo, nonostante io non sia un padre, che è una legge ingiusta, il diritto è diritto nel momento in cui tutti possono usufruirne, altrimenti è disuguaglianza.

La tua pagina fa largo uso di meme e gif prese da alcuni programmi trash, perché li usi?
Si la maggior parte sono prese da programmi trash e dal mondo dello spettacolo in generale, le uso perché molti di quei personaggi rappresentano bene e con ironia proprio la descrizione che poi associo alla gif o al meme.

A proposito di trash, quest’anno nella trasmissione Uomini e Donne è stato introdotto il trono gay. Alla fine pensi abbia aiutato a sdoganare l’omosessualità presso il grande pubblico o al contrario ha contribuito all’immagine dell’uomo macho che ancora domina l’immaginario italiano, etero e non?
Penso sia stata una cosa molto giusta, soprattutto per un programma come quello, che raccoglie una fascia di persone, cioè l’italiano medio, che di solito ignora tanti argomenti delicati. Partendo da questa premessa credo che rappresentare la figura dell’omosessuale come un ragazzo maschile per il pubblico di quel programma, possa essere stata una mossa intelligente, visto che nei programmi italiani di solito l’omosessualità è stata rappresentata da personalità più legate all’immaginario comune. Io sono per l’auto rappresentazione, non credo sia giusto che gli altri debbano rappresentarmi. Quindi in questo caso hanno rappresentato un’immagine diversa dal solito cliché. Riguardo all’immaginario dell’uomo macho, a Uomini e Donne è quasi una regola dover avere quell’immagine per fare il tronista, anche se io in un uomo cosi curato, tonico, senza un pelo e con sopracciglia sottili, non ci vedo proprio tanta mascolinità se dovessimo fermarci alla definizione. Ma per me le parole “maschile” e “femminile” non hanno molto senso quando fanno riferimento agli atteggiamenti, nascondono solo l’idea che l’uomo debba essere per forza rude e la donna una devota alla Madonna. La discriminazione verso la comunità LGBTQ nasce proprio da questa idea di base.

Ti lascio con un’ultima curiosità: sulla pagina ironizzi spesso riguardo la difficoltà di trovare dei veri top, perché è così difficile?
La domanda mi fa molto sorridere! Ironizzo sulla difficoltà di trovare dei veri top, proprio perché è comune tra gay darsi delle passive. Alcuni sono talmente legati al concetto che il top debba essere maschile, che un ragazzo effeminato per loro non può essere attivo, questo indubbiamente rientra nei gusti personali, ma io ci credo fino ad un certo punto, ormai è entrato nella forma mentis il concetto del maschile dominante, quindi è automatico vederlo così. Io invece lascio libera la mia visione di piacere, mi intriga di più non legarmi a un prototipo preciso, e per dirla tutta ci sono molti ragazzi effeminati che sono ottimi top.

Per gli amici Neve, per gli altri "Maria che?", un nome non comune spia di una personalità altrettanto inusuale, insomma, un destino segnato all'anagrafe. Ha la testa tra le nuvole e vive in un mondo tutto suo, un po’ Emma Bovary un po’ Perelà, ma guai a farglielo notare! Molto bisbetica e poco domata. Famelica di letteratura e di cibo, nella sua borsa non mancano mai un raccolta di poesie e una busta di patatine alla paprika. Se la vedete muoversi trafelata per la sua amata Napoli non c’è da preoccuparsi: corre per non perdere la metro e per domare i sensi di colpa. È una procrastinatrice professionista, perché se la consegna non è sul filo non ha senso scrivere il pezzo.

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