Paolo “moto perpetuo” Ruffini, si diverte e ci fa divertire a bestia, per usare una delle sue espressioni più famose. Si divide tra cinema, tv, teatro, libri e il web senza mai fermarsi. Lo abbiamo appena lasciato nelle sale cinematografiche con “I Babysitter” e lo ritroveremo tra pochi giorni nel cinepanettone “Natale a Londra – Dio salvi la regina”. Il suo ultimo libro, “Telefona quando arrivi”, ci riporta nei mitici anni ’80 e ’90, l’ultima generazione che ha frequentato la scuola senza i cellulari. Ci aspetta a teatro con sei attori molto speciali nello spettacolo “Un grande abbraccio” ed è portatore sano di #solocosebelle sui social.

Paolo, ti abbiamo lasciato da poco al cinema ne “I babysitter” e sei già pronto per “Natale a Londra – Dio salvi la regina”. Un bilancio del primo e qualche anticipazione del secondo?
«“I babysitter” è stata un’esperienza pazzesca, mi sono divertito veramente tantissimo. È stato girato tutto in soggettiva, quella tecnica della macchina a mano che viene usata spesso nei film horror tipo “The witch project”. Noi l’abbiamo voluta utilizzare perché se appunto nell’horror ti consente di essere dentro la paura, nel comico ti porta dentro la risata. A me faceva piacere che il pubblico si sentisse nostro amico in questa scorribanda notturna. Poi, vabbè, quando lavoro con la Colorado siamo tutti amici, con me c’erano Mandelli, i Panpers e Diego Abatantuono. Il film ha avuto dei riconoscimenti incredibili e recensioni positive, io per primo sono rimasto quasi stupito. Persone che di solito mi massacrano stavolta hanno parlato benissimo di me e del film, son proprio felice.
In “Natale a Londra” invece interpreto Vanni, uno chef clamorosamente innamorato di Anita (Eleonora Giovanardi) che è la titolare del ristorante dove lavora. Lei però è molto antipatica e acida e quando ad un certo punto gli chiederà “Ma perché mi ami?”, lui le risponderà “Perché sì!” Ecco, questo ti dice molto sul personaggio che è totalmente diverso dai soliti che ho interpretato, molto timido, molto pavido, è un cucciolone restio ad emergere. Decide così di partecipare a un colpo tipo “I soliti ignoti”, il rapimento del cane della regina, proprio per far colpo su Anita. È un film divertente per tutta la famiglia, quasi disneyano, una favola di Natale».

“Telefona quando arrivi” è il tuo nuovo libro. Di che cosa parla?
«Telefona quando arrivi è la storia della mia vita prima e dopo il web. Internet ci ha cambiati in tanti sensi. Ricordo cose che mi succedevano prima: il “telefona quando arrivi” oppure “intanto scendo, vado a scaldare la macchina”. Penso a quando avevo il gettone per telefonare a casa, a quando mia mamma faceva foto assurde perché doveva finire il rullino per svilupparlo il prima possibile. Penso a quando si andava tutti in sala giochi o si correva al cinema a vedere “Rambo 2”, e i film erano gli originali, non i rifacimenti. Ecco, faccio una piccola riflessione sui miti e le mode degli anni ’80 e ’90».

Il 27 dicembre festeggi i 15 anni della tua associazione cinematografica “Nido del Cuculo” con lo spettacolo “Io? Doppio!”, un evento unico o sarà un tour?
«Per ora è una data unica, una festa per “Nido del cuculo”, associazione che 15 anni fa cominciò mettendo su youtube degli spezzoni di film doppiati in un livornese non proprio elegante. Ecco, anche qui mi sembrano passati 500 anni, quando in rete c’erano ancora pochissimi filmati. Il 27 dicembre al Teatro Verdi di Firenze festeggeremo partendo da questi doppiaggi ma parlando di tanto altro, dei social per esempio. Ci saranno monologhi, ma soprattutto la mia interazione col pubblico, che mi manca molto quando faccio cinema o tv. Amo tantissimo avere un rapporto concreto con le persone, le voglio vedere, toccare, abbracciare… Non vedo l’ora, guarda, sarà più che uno spettacolo un’esperienza».

Nel 2017 ti vedremo a teatro?
«Sì, con “Un grande abbraccio”, per la seconda stagione. È uno spettacolo che faccio con sei ragazzi disabili, cinque hanno la sindrome di down e uno è autistico. È un’esperienza pazzesca che arricchisce tutti noi: loro perché il teatro può essere anche terapeutico, me che la vivo con loro e anche il pubblico che verrà a vederci. Lo spettacolo è molto comico e loro sono scatenati. “Un grande abbraccio” è un titolo proprio sintomatico del fatto che questi ragazzi sono molto fisici, cercano sempre il contatto e l’abbraccio è anche il gesto dell’accoglienza, del perdono, della bellezza… Sono proprio felice di farlo».

Eccezionale veramente” riparte? Ci sarai?
«Sì sì, ripartirà a gennaio. Non so dirti ancora se ci sarò però ripartirà senz’altro».

E la Lucarelli? Quanto vi sopportate?
«No ma lei è una donna molto intelligente e bella, poi è ovvio che quando uno ha un pensiero diverso dal tuo ci possono essere delle discussioni acide o crude. Però ci troviamo molto d’accordo sulla lotta agli “haters” che sono una piaga dei social network».

E “Odio Ergo Sum” è appunto il tuo libro sugli haters. Per chi non l’ha letto, cosa pensi di loro?
«Penso che in troppi manifestino la propria identità sui social odiando. Inorridiamo perché c’è una realtà fatta di guerre, terrorismo, Isis ma non ci rendiamo conto che la realtà virtuale la costruiamo noi e molto spesso non è più bella di quella esterna. È colpa “nostra” se il web è un campo minato per chi ha fragilità, se io espongo la mia fragilità su Fb invece di trovare un aiuto trovo gente che mi demolisce. Così accade che anche Gianni Morandi che va a fare la spesa di domenica è un ottimo pretesto per odiare e manifestare dissensi e negatività.
Credo che la vita abbia bisogno di una certa integrità e di essere mantenuta con amore, contatti, amicizia e bellezza. Così come nella “realtà” virtuale dovremmo trasmettere messaggi positivi. Su Fb ci lavoro molto, ho 2 milioni e 300mila persone che mi seguono e ho un blog che si chiama #solocosebelle… C’è un comandamento fondamentale su questo social che è “condividi”, quando posto cose belle e le condivido credo di poter contribuire a rendere i social un posto migliore».

Stavo infatti per chiederti chi sono i più insopportabili sui social, sono loro quindi?
«Ma io metterei in generale quelli che si prendono troppo sul serio e che hanno voglia di minare la libertà degli altri, e anche la libertà di essere felici».

Peppe Iodice ci ha detto che Ruffini ha Colorado nel dna. Io sono d’accordo, tornerai?
«Ma non credo. Poi, sai, ho detto sempre “arrivederci” e infatti ci son tornato nell’ultima puntata in questa edizione. Sento sempre che è casa mia però credo che ad un certo punto sia giusto anche andare avanti, cambiare e lasciare spazio agli altri. L’ultima edizione che ho fatto è stata la più bella per me perché l’ho condotta con Diana Del Bufalo che è la mia fidanzata e sono stato felice di aver salutato Colorado così».

Collezioni tatuaggi e vhs, quanti sono? E quali sono gli ultimi due arrivati?
«Credo 15 tatuaggi e 16mila vhs. L’ultimo tatuaggio che mi sono fatto è Corrado, il presentatore magnifico della tv che piaceva a me. Invece nei vhs non ricordo perché manco da un pochino, ma forse è “La mala ordina”, un vecchio film degli anni ’70».

Paolo RuffiniPaolo, una cosa che avresti voluto inventare tu?
«A me piace molto la bic, una penna leggera che possono acquistare tutti. La penna ti dà libertà di scrivere, una poesia, un biglietto d’auguri, è un oggetto importante ed è il lusso più accessibile che ci sia, se ci pensi. Costa pochissimo e dura tanto, a volte anche più di uno smartphone».

Se invece potessi “disinventare” qualcosa cosa sarebbe?
«Aspetta che ci penso un attimo… Ecco, sì, per fortuna non fumo, “disinventerei” le sigarette».

La cosa più preziosa che possiedi?
«Un ciondolino con un cavalluccio marino che mi portò Claudia, la mia ex moglie, dai Giardini Di Naxos in Sicilia».

La cosa più stupida che hai fatto?
«Eeeh vabbè, mica una?! Però sì, una volta ho parlato male di una ragazza tramite messaggio, ho scritto un sacco di insulti e cose tremende e ho sbagliato il destinatario, volevo inviarlo ad una persona invece l’ho inviato proprio alla ragazza in questione!»

Ahia! E lei?!
«Lei mi ha chiamato subito dicendomi “davvero pensi questo di me?” “Guarda, evidentemente sì – le ho risposto – ovviamente ho sbagliato i toni perché credevo di parlare ad un’altra persona e mi sono lasciato andare, però almeno conosci tutto quello che ho dentro”. Alla fine sono stato contento di aver fatto questa gaffe perché è stata l’ennesima occasione di essere sincero, ho capito che è sempre meglio dire la verità».

Hai manie?
«Aaah tante manie e tanti tic. Ora per esempio ho quella dei braccialetti, ne devo mettere almeno sei intorno a un polso. Poi prima di uscire di casa devo fare delle piccole cose, come mettere in ordine il tavolo».

La battuta migliore che hai rubato?
«La battuta migliore che ho rubato non è una battuta ma una frase che ho fatto mia e dice “L’importante nella vita è praticare gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”, l’ho trovata nel web».

Il film più divertente in assoluto e il più divertente in cui ci sei tu?
«In assoluto per me “Il secondo tragico Fantozzi” o “Lo chiamavano Trinità”. Il mio, beh, ti dico “Fuga di cervelli” perché gli voglio troppo bene a quel film».

I tuoi cartoni preferiti?
«Sono i film della Pixar “Up”, “Wall-E”, “Ratatouille” e “Inside Out”. Invece quelli televisivi sicuramente “Wile E. Coyote” e “Gatto Silvestro”».

Cos’è che ti fa perdere il buon umore?
«Le persone permalose. La permalosità non la sopporto».

Al cinema passerai il Natale a Londra, nella realtà?
«Sicuramente con i miei genitori a Livorno. Stanno insieme da 52 anni e sono meravigliosi».

Ribattezzata da un vecchio amico Vanna Mò si definisce un'adorabile rompicoglioni anche se crede di essere più adorabile che rompicoglioni. Amante del calcio e laziale patologica, il suo grande amore è stato il pappagallino Olimpia, bianco celeste che ripeteva tutto tranne "forza Lazio". Chiacchierona e lunatica, ha le pubbliche relazioni nel dna. Socievole e social, è un segugio del web. Nonostante il curriculum sentimentale horror sogna il grande amore delle commedie rosa che colleziona e attende l’arrivo del suo Mr. Big come in “Sex and the City”. Convinta di essere una ragazzina (guai a chiamarla “signora”!), “frettella” per non dire ansiosa, maniaca della puntualità e della programmazione, il suo motto è “nella vita ho scelto il buon umore!”.

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